Secondo Carl Gustav Jung, il padre rappresenta un sano e fondamentale bilanciamento alla “materialità” insita nella figura materna. Difatti, secondo lo psicologo svizzero, la madre è per il bambino ciò che vi è di più immediato.
Ma con lo sviluppo della sua coscienza anche il padre entra nel suo campo visivo e ravviva un contenuto la cui natura è sotto molti aspetti contraria a quella della madre: l’immagine materna ” corrisponde alla definizione dello yin dei Cinesi, il tipo paterno alla definizione dello yang. Esso determina la relazione con il sesso maschile, con la legge e con lo stato, con l’intelletto e con la mente, e con la dinamica della natura. “Patria” vuol dir confini, vuol dire precisa localizzazione, ma il suolo è terra materna, quieta e feconda. Il Reno è un padre, come il Nilo, come il vento, l’uragano, il lampo e il tuono. Il padre è auctor e autorità, e quindi legge e Stato. E’ ciò che nel mondo si muove, come il vento, è ciò che crea e guida pensieri invisibili, immagini d’aria. E’ il soffio del vento creatore – pneuma, spirito, atman – ossia dello spirito. Il padre è l’immagine divina che tutto abbraccia, principio dinamico ” (Jung). Nella sua rilevanza, dunque, il padre incarna soprattutto l’autorità, la legge, il mondo delle idee, il regno dei valori, esso è il rappresentante dello spirito la cui funzione è, in ultima istanza, quella di opporsi alla pura istintualità. Aiutando dunque l’individuo a distaccarsi dall’oscurità del grembo materno, dal simbiotico legame “madre-figlio”, il padre permette alla coscienza di evolvere, fondamentale precondizione del processo di individuazione poiché ” dove non vi è coscienza, dove regna ancora sovrano l’elemento istintuale inconscio, non vi è riflessione, non vi è un pro e un contro, c’è solo un semplice succedersi di eventi, un’ordinata istintualità ” (Jung).