La bulimia, dal termine greco boùlimos, fame da bue, è uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare ed essa è caratterizzata da un irrefrenabile bisogno di mangiare, in breve tempo, spropositate quantità di cibo. In genere, l’età più a rischio va dai 12 ai 25 anni con un picco in corrispondenza ai 18-19 anni.
Come per l’anoressia, anche la bulimia colpisce prevalentemente persone di sesso femminile che costituiscono infatti l’85-90% dei casi; ma come si vede, così come per l’anoressia anche nel caso della bulimia una percentuale non trascurabile è rappresentata dagli uomini. La bulimia, dunque, si manifesta con ripetuti accessi di fame che costringono la persona a ingurgitare frettolosamente grandi quantità di cibo, a fare cioè le cosiddette abbuffate. La persona bulimica, durante queste crisi, ha generalmente l’impressione di perdere il controllo della situazione, ovvero di non riuscire a fermarsi e a resistere al desiderio di mangiare. L’attacco di bulimia, inoltre, è spesso seguito da sensi di colpa e frustrazione che portano ad attuare comportamenti compensatori al fine di prevenire uno sgradito incremento del peso corporeo. Per questi atti compensatori, infatti, vengono spesso utilizzate tecniche come quella del vomito autoindotto, l’abusare di lassativi o diuretici, fare un’attività fisica eccessiva oppure digiunare. Le persone bulimiche hanno molto spesso una bassa autostima e i cui livelli, per altro, sono fortemente influenzati dalla forma e dal peso corporeo; queste persone, infatti, temono di aumentare di peso, desiderano dimagrire e sono intensamente scontente del loro aspetto fisico. Il disturbo, inoltre, è spesso accompagnato da vissuti di ansia e depressione. Anche nel caso della bulimia, così come per l’anoressia, un percorso psicoterapeutico è quanto mai opportuno affinché la singola specificità di tale disagio possa trovare un senso da integrare all’interno della personalità globale.