L’anoressia, dal greco an (privazione, mancanza) e orexis (appetito), è uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare e il suo aspetto fondamentale è il rifiuto o la riduzione volontaria dell’assunzione di cibo e l’ossessiva paura di ingrassare.
Rispetto all’età del suo esordio, questa in media si pone tra i 12 e i 25 anni, con il momento più critico compreso tra i 14 e i 19 anni di età. L’anoressia, quindi, colpisce soprattutto gli adolescenti anche se negli ultimi decenni si stanno registrando numerosi casi negli adulti e persino tra gli anziani. Altra caratteristica tipica dell’anoressia è quella di essere un disturbo principalmente femminile: circa il 90% dei casi, infatti, si sviluppa nell’universo femminile; ma il problema, come si vede, non riguarda solamente le donne anche perché il restante 10% di sesso maschile è in costante crescita. Tra i vissuti più ricorrenti tra le persone anoressiche si riscontra una forte paura di ingrassare anche in presenza di un evidente sottopeso, una preoccupazione estrema per il peso e l’aspetto fisico, una alterazione della propria immagine corporea e il non essere soddisfatti del proprio corpo; tutti elementi questi che alimentano di sovente concomitanti vissuti depressivi, ansiosi e di evitamento o isolamento sociale.
Diversi approcci psicologici hanno ipotizzato che alla base di questa sintomatologia vi sia un cattivo rapporto con la propria madre: il rifiuto del cibo, infatti, in tale ottica diviene un modo per esprimere la propria opposizione verso la figura materna, da sempre dispensatrice di cibo, e sia un tentativo di emanciparsi e differenziarsi dalla madre stessa. Studiosi di orientamento familiare, invece, hanno spiegato l’anoressia osservando come il comportamento della persona anoressica, visto spesso dai genitori come ” il bravo ed ubbidiente bambino“, attraverso il suo improvviso rifiuto del cibo permetta al sistema-famiglia nel suo complesso di evitare di fronteggiare quei cambiamenti che la crescita dei figli inevitabilmente comporta. Ma il fatto che la genesi della anoressia risieda molto spessa nell’adolescenza, fa supporre che ci sia anche un più ampio problema di crescita ed evoluzione psicologica. Difatti, proprio nel momento adolescenziale, nel passaggio cioè tra l’età infantile e l’età adulta e con il corpo che cambia e si modifica e la personalità che tende a marcare in maniera più netta i propri limiti e le proprie specificità psichiche, la crescita sembra bloccarsi, arenarsi momentaneamente. Al riguardo è interessante notare come già nella prima descrizione documentata della malattia, avvenuta nel 1689 ad opera del medico britannico Richard Morton, egli scriveva di un suo giovane paziente: “ Il figlio del reverendo Steele, intorno al sedicesimo anno d’età, cadde gradualmente in un’assenza totale di appetito, e in seguito in un’atrofia universale, struggendosi via via sempre di più per due anni, senza che vi fossero febbre, tosse o altro sintomo di qualsiasi altra malattia dei suoi polmoni o altro viscere […] Perciò giudicai questa consunzione come nervosa, come cosa che avesse le sue radici nell’abito del suo corpo e sorgesse da una perturbazione del suo sistema di nervi ”. Un lavoro psicoterapeutico, dunque, è quanto mai utile per cercare di comprendere cosa questa sintomatologia rappresenti per la singola persona e provare così ad integrare, con pazienza ed armonia, nuovi vissuti ed emozioni all’interno della personalità globale.