Il bullismo può essere definito come una forma di violenza caratterizzata da sistematiche e continue azioni di sopruso e prevaricazione che vengono messe in atto da un bambino oppure da un adolescente, cioè il bullo, nei confronti di un altro bambino o adolescente, cioè la vittima di bullismo, percepito come “diverso” o più “debole” per caratteristiche fisiche, comportamentali, intellettive, orientamenti sessuali oppure religiosi. Le azioni di bullismo, inoltre, possono essere messe in atto sia da una singola persona e sia da un gruppo, molto spesso definito branco.
All’interno del fenomeno del bullismo, è possibile distinguere due diverse tipologie: il bullismo diretto e il bullismo indiretto. Nel caso del bullismo diretto, ci si riferisce ad esplicite azioni violente nei confronti della vittima, azioni violente che possono essere sia di tipo fisico, come il picchiare, lo spingere, il far cadere e sia di tipo verbale, come le offese e le prese in giro insistenti e ripetute. Nel caso del bullismo indiretto, invece, ci si riferisce ad azioni e comportamenti che mirano a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con gli altri: tipici esempi di bullismo indiretto possono essere la diffusione di calunnie o notizie false nei confronti di una persona, la sua esclusione da un gruppo oppure il suo sistematico isolamento. Quando le azioni di bullismo si verificano attraverso internet (come ad esempio sui social network) oppure attraverso il telefono cellulare, si parla di cyberbullismo. Nel bullismo, quindi, c’è persistenza nel tempo poichè le azioni dei bulli possono durare per settimane, mesi o anni e c’è asimmetria nella relazione, vale a dire uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce, ad esempio per ragioni di età, di forza, di genere e per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei.
Nonostante negli ultimi anni sia molto alta l’attenzione verso il fenomeno del bullismo, quantificarlo con precisione non è così semplice: numerosi, infatti, sono i casi che non vengono alla luce oppure nei quali le vittime non riescono a sottrarsi alle prepotenze dei bulli. Secondo numerose ricerche nazionali ed internazionali, comunque, l’incidenza media del fenomeno è di circa il 15-20% nel mondo giovanile. Rispetto a parametri quali il sesso o l’età, inoltre, emerge come il bullismo possa riguardare sia i maschi che le femmine, anche se con alcune differenze: i ragazzi, infatti, tendono a mettere in atto prevalentemente azioni di bullismo diretto, colpendo indifferentemente sia maschi che femmine; le ragazze, invece, molto spesso utilizzano forme di bullismo indiretto prendendo di mira principalmente altre coetanee dello stesso sesso, con una prevalenza di episodi di diffusione di informazioni false o calunniose sul loro conto.
Numerose, poi, sono le ricerche realizzate per comprendere le dinamiche psicologiche, sia individuali che di gruppo, alla base del manifestarsi del bullismo fra ragazzi. Il fenomeno, comunque, è piuttosto complesso e le cause che lo determinano possono essere molteplici: difatti, la personalità individuale, i modelli familiari, gli stereotipi imposti dai massa media oppure le dinamiche di gruppo che trascendono il singolo individuo, sono tutti fattori concomitanti che, in misura maggiore o minore, contribuiscono al determinarsi di questo fenomeno.
Per quanto riguarda le conseguenze psicologiche, per chi è vittima di episodi di bullismo esse possono essere molto significative. Le continue e protratte azioni di sopruso, infatti, possono determinare in età adulta vissuti di disagio piuttosto importanti. In caso di prevaricazioni protratte nel tempo, inoltre, le vittime spesso intravedono come unica possibilità per sottrarsi al bullismo quella di cambiare scuola, fino ad arrivare in casi estremi all’abbandono scolastico. Nel lungo periodo, dunque, le vittime di azioni di bullismo possono mostrare una svalutazione di sè e delle proprie capacità, un senso di sfiducia verso sè stessi e gli altri, problemi sul piano relazionale, fino a manifestare vissuti psicologici quali l’ansia oppure la depressione. Va comunque sottolineato con attenzione che chi è vittima di bullismo, lungi dall’essere più “debole”, molto spesso, invece, sembra essere caratterizzato da una personalità che cerca di differenziarsi e distaccarsi da una sorta di linea mediana collettiva, cioè da quei valori comuni di un gruppo a cui tutte le altre persone sono costrette quasi obbligatoriamente ad aderire. Ad esempio, una persona con una indole caratteriale riservata, o una persona particolarmente dotata da un punto di vista intellettivo oppure una persona particolarmente matura, può trovare difficoltà di inserimento in quei contesti sociali dove regnano gli aspetti più espansivi oppure dove dominano gli elementi più superficiali e puerili della vita.
Anche per chi mette in pratica azioni bulliste, vi sono conseguenze psicologiche da considerare. Infatti, queste persone possono evidenziare difficoltà relazionali oppure disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole che possono portare, nel lungo periodo, a veri e propri comportamenti antisociali e devianti o ad agire comportamenti aggressivi e violenti anche in famiglia e successivamente sul posto di lavoro. Numerosi studi, infatti, hanno evidenziato come chi riveste a lungo il ruolo del bullo possa correre maggiori rischi di entrare in una escalation di violenza che parte dai piccoli episodi di furti o vandalismo, sino ad arrivare ad avere seri problemi con la legge.
Attraverso un rispettoso percorso psicologico, allora, è possibile raggiungere una maggiore consapevolezza delle proprie specificità caratteriali e di integrarle con equilibrio ed armonia all’interno della personalità globale.