L’arancione, ottenuto dalla mescolanza del rosso con il giallo, è il colore che appartiene principalmente sia al sorgere del sole che al suo tramonto, sia all’inizio che alla fine di una giornata, caricandosi in tal modo di significati dalle valenze opposte. Nel primo caso, tale colorazione indica il sole nascente, l’inizio di un nuovo giorno e diviene, in questo modo, il colore della crescita e della gioia.
” L’aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il sole, a divenir rancia, quando la domenica la reina [Regina] levata e fatta tutta la sua compagnia levare… alla guida del canto di forse venti usignuoli e altri uccelli, per una vietta non troppo usata, ma piena di verdi erbette e di fiori, li quali per lo sopravvegnente sole tutti s’incominciavano ad aprire, prese il cammino verso l’occidente e cianciando e motteggiando e ridendo colla sua brigata…” ( Boccaccio, Decameron, c. 1370 )
Dunque, quando la vis energetica del rosso si unisce in maniera equilibrata con l’irraggiamento solare del giallo, quando cioè il lato attivo e positivo dei due colori si esprime nella massima valenza, esso diviene un colore gioviale, entusiasmante e vitalizzante, definito da Goethe “vivo e splendido” (J. W. Goethe, 1981), che accompagna vissuti d’estatica gioia e simpatia contagiosa. In cromoterapia, bagni di luce arancione hanno effetti rallegranti ed energetici con tratti privi sia dell’eccitazioni del rosso che dell’irrequietezza del giallo, mentre nella tradizione Yoga è il colore del secondo chakra (detto chakra sacrale), legato al piacere fisico e mentale, al cibo e al sesso, alla creatività e alla voglia di vivere. Pertanto, sommando la forza luminosa del giallo con la vitalità del rosso, l’arancione è un colore entusiasmante e festoso, è il principale colore del samba brasiliano, il colore che mostra leggero e gioioso il lato dinamico della vita, come dimostra questo antico passo, riferito alla pietra di giacinto (di colore arancione):
“ Questa, secondo il tempo è torba e chiara;
caccia da l’uomo tristizia e sospetto;
contro a tempesta e folgore ripara.
Rallegra il cuor, conforta e dá diletto;
malanconia da l’animo tole “
( Fazio degli Uberti, XIV sec, Il Dittamondo )
Nella cultura giapponese e cinese, inoltre, l’arancione (soprattutto associato alle arance ) è da sempre considerato espressione di buon augurio; fin dal XII sec., infatti, il primo giorno di ogni anno, un carico di frutti partiva da Pechino diretto alle divinità della città di Foochow e le relative offerte di arance acquisivano l’auspicio di felicità, prosperità e abbondanza. Ma come detto in precedenza, l’arancione diviene anche il colore del sole al tramonto e delle foglie d’autunno, con i relativi vissuti di tristezza e nostalgia che accompagnano il termine delle giornate o la fine di un ciclo.
Autunno, io non sentii mai così forte
la tristezza che tu solo diffondi
– quante di me ne’ tuoi boschi profondi
son cose morte tra le foglie morte!
( G. d’Annunzio, 1863-1938, Autunno )
L’etimologia popolare del frutto dell’arancio, inoltre, aggiunge ulteriori riflessioni: in latino, esso era chiamato aurantium, da aureum, cioè oro. La combinazione tra gli elementi di questa conoscenza dorata con quelli associati alle proprietà del rosso più vicine all’amore, secondo Frédéric Portal collocano l’arancione sul versante dell’illuminazione spirituale, come dimostrano le vesti zafferano ( dal persiano za’faran, che significa oro, illuminazione, saggezza rivelata ) dei monaci buddisti oppure le numerose iconografie bizantine che raffigurano il Cristo.
Rimanendo sulle valenze del rosso-amore, il colore arancione acquisisce anche un significato specifico e particolare: l’auspicio che la passione e l’ardore del rosso possano essere attenuati con la saggezza dorata del giallo. Già nell’antica Roma, infatti, arancione era il velo della Flaminica Dialis, la sposa del Flamen Dialis (sacerdote di Giove ), alla quale era inibito il divorzio. Per tale ragione, durante i riti nuziali le spose indossavano un velo del medesimo colore, il flammeum, così rilevante che lo sposarsi, per la donna, era definito nubere, ossia prendere il velo, velarsi, ed avente l’importante funzione di contrastare gli eccessi delle passioni terrene. Conferme in tal senso giungono pure sul versante religioso, dove la pietra di giacinto rappresentava anche la fedeltà e la certezza della fede poiché si decolora se viene riscaldata, esprimendo in tal modo il raffreddamento delle passioni ardenti. Ma quando l’equilibrio tra la passione della libido e la saggezza dello spirito si spezza, tale colore può significare anche l’ipocrisia, l’adulterio oppure la lussuria; e non a caso, per i cristiani l’arancione rappresentava uno dei sette vizi capitali, i peccati di gola, intesi come un metaforico “ingurgitare” più di quanto l’individuo necessita:” La nostra gola non si sazia mai, / e poi che inanzi gli abbiàno arrostiti, /’aguzzar gli apititi, / chi vòle arance…” ( F. Sacchetti, Solian mangiar, XIII sec).
Il Dott. Luca Coladarci, Psicologo-Psicoterapeuta a Frosinone, Fiuggi e Roma. E’ esperto di Ansia, Attacchi di Panico, Disturbi Sessuali Maschili e Femminili, Disturbi Alimentari (Anoressia e Bulimia), Relazioni, Amore e Vita di Coppia, Dipendenza Affettiva, Depressione, Stress, Elaborazione Del Lutto, Disagi Relazionali, Dipendenza Da Gioco D’Azzardo, Mobbing, Cefalee, Bullismo e di tutte quelle situazioni esistenziali che tendono a bloccare il libero fluire della vita.